Angoscia e vuoto interiore

Molti hanno sentito almeno una volta un senso di angoscia o di vuoto interiore. Può essere capitato in seguito ad un lutto, per esempio, o dopo un evento molto stressante. Quel senso di vuoto ha reso la vita pesante, insensata, quasi indegna di essere vissuta. E ha fatto vedere gli affetti come minuscole comparse su uno scenario tragico e terribilmente insopportabile. Per molti, per fortuna, quel senso di angoscia profonda è durato poco: c’è stata una bella dormita, un caffè al bar e si è dissolto. Per altri invece, è diventato un ospite fisso, un compagno di vita. Queste persone sono state via via corrose da quella sensazione.

All’opposto del vuoto interiore sono le passioni. Quando ci appassioniamo nel fare qualcosa, che sia un hobby, una relazione affettiva, o un lavoro (c’è anche chi lavora con passione) vediamo tutto come pieno si senso, divertente, per l’appunto appassionante. Anche fare le cose con passione non è definitivo, anzi molto spesso dopo un po’ la passione sfuma, e subentra la routine. Tuttavia resta il senso, l’attribuzione di significato

Una bella differenza tra il vuoto e la passione, quindi, è l’attribuzione di significato. Dove sentiamo che le cose non hanno più senso, che non ci dicono niente, siamo nel territorio della depressione, dell’angoscia, dell’apatia. Del vuoto, potremmo dire. Fino a quando riusciamo ad appassionarci, al contrario, sentiamo di essere vivi, di fare cose dotate di senso.

Ora, l’attribuzione di significato è competenza evoluta dell’io adulto, ma dare un senso alle cose che facciamo non è garantito una volta per tutte. Le diverse fasi della vita, i cambiamenti cui andiamo incontro, il rapporto con le persone che ci circondano, sono in continua evoluzione e riformulazione. E così anche il ‘senso’ che diamo a ciò che facciamo. Per questo ogni tanto dobbiamo fermarci e ridefinire il perché facciamo qualcosa. 

Ammetterete che è meglio fare con passione, che trascinarsi in una stanca monotonia.