Come riconoscere le fake news? Vero e falso in rete.
In un vecchio programma televisivo Renzo Arbore presentava Massimo Troisi come Rossano Brazzi. Il compianto comico napoletano, tra imbarazzo e smarrimento, insisteva a definirsi Troisi, ma il presentatore non sentiva ragioni, con fede incrollabile affermava: noi siamo la televisione, qui c’è scritto Rossano Brazzi, perciò Lei è Rossano Brazzi. Il pubblico rideva, ma l’ironia era assai pungente: metteva i telespettatori davanti al paradosso della coscienza di massa, ovvero l’infallibilità della tv.
Per il pubblico, in ogni caso, il dilemma era di facile soluzione, e comunque era una trovata umoristica. Oggi noi, invece, siamo meno fortunati. In rete, il grande contenitore di informazioni del nostro tempo, sono presenti news di qualunque tipo. E’ capitato che grandi testate giornalistiche, e persino qualche ministro, abbiano dato per vere notizie in realtà assolutamente false. Ciò significa che nessuno è al riparo dagli equivoci.
Pertanto, come riconoscere le fake news? Il problema principale della questione è il seguente: ciascuno è portato a ritenere per buone anzitutto le notizie che confermano le sue opinioni. Nel bene, o nel male. Non significa che non abbiamo senso critico, ma significa che il nostro senso critico muove anzitutto dalla nostra posizione, dal nostro punto di vista. Per fare un esempio, ci sono persone che rifiutano l’idea di essere tradite dal proprio/propria partner anche quando tutti i segnali vanno in quella direzione. Essi interpretano i segnali come delle fake news, e sono in grado di arrivare a dare ogni tipo di spiegazione bizzarra, anche di tipo complottistico, pur di negare la realtà.
C’è, in altre parole, un senso di protezione, di sicurezza, o molto più probabilmente di identità, nel considerarsi all’interno di un modo di vedere le cose, e di conseguenza una lettura alternativa è considerata come una minaccia a questa protezione, sicurezza, addirittura una minaccia all’identità.
Altro esempio, chi difende o attacca con eccessiva foga l’operato di un arbitro di calcio. La lettura alternativa di un arbitraggio viene vista (non sempre, per fortuna) come minaccia tale da essere scartata a priori, con la necessità di difendere a spada tratta la versione ‘della nostra parte’.
Per arrivare a riconoscere le fake news, pertanto, serve una dotazione base di competenze psichiche.
Serve una competenza cognitiva, intellettuale, diciamo così, che ci aiuta a considerare le fonti, e a decidere in base a confronti incrociati tra quello che leggiamo e quello che già sappiamo da noi.
E poi serve un’apertura di tipo più che altro identitario, che ci aiuti a considerare la nostra lettura della realtà non come l’unica, ma come una delle possibili. Acquisire questa apertura è piuttosto difficile, perché presuppone che la conferma alle nostre tesi, alle cose in cui crediamo, non impatti sulla nostra identità, ovvero su quello che sappiamo di valere. Nell’esempio che facevo prima dell’uomo tradito, accettare l’idea che sì, c’è un tradimento in atto, può coincidere con accettare l’idea di non valere abbastanza, di non esistere per l’altra persona. E per qualcuno, ammetterete, può essere distruttivo.
Non è necessario porsi fuori da qualcosa per poterla criticare: questo credo sia una buona conquista della nostra cultura. Pertanto un modo per imparare a riconoscere le fake news è svuotare di assolutismo esistenzialista quello che leggiamo. Perché quanto valiamo è dato dalla qualità delle nostre relazioni, non dal riscontro che riusciamo a trovare in rete di ciò che pensiamo.