Come sarà l’uomo dopo lo smartphone?

Postmoderna, ipermoderna, liquida… negli ultimi anni abbiamo definito in mille modi la società in cambiamento, e con essa il soggetto che la abita. 

Oggi un’altra fase volge al termine: dopo la pandemia e la guerra d’Ucraina, (con il suo inevitabile ridefinirsi della globalizzazione) saremo presto difronte ad una nuova soggettualità. 

Noi umani abbiamo un rapporto magico / taumaturgico con lo smartphone. Ma lo smartphone è un prodotto della tecnica, e la tecnica funziona o non funziona: non ha connotati magici o miracolosi. 

Così prima o poi ci faremo i conti, con questo aggeggio: come negli anni scorsi li abbiamo fatti con l’automobile, di cui, ricorderete, eravamo più schiavi di oggi. 

Per questo è molto importante chiedersi: come sarà l’essere umano dopo lo smartphone? Ovvero, quando lo smartphone smetterà di essere una rosa mistica, e di esso rimarrà solo il mero utilizzo funzionale? 

Per questo bisognerà ripartire dall’identità. E la nostra identità è concetto sublime quanto inafferrabile. 

Perché se io chiedessi tu chi sei, qual è la tua identità? Molti risponderebbero partendo dal loro titolo di studio, o dal loro lavoro, o dal ruolo che ricoprono in famiglia: insomma da quello che a tutta prima individuerebbero come polo identirario. Ma la nostra identità è ben altro. 

Arriverà il momento in cui rispondere alla domanda sulla nostra identità corrisponderà a definire come e cosa saremo una volta liberati dal peso (metafisico) dello smartphone. In cui ad esempio il numero di likes o di followers codifica ogni giorno, almeno a livello pubblico, ciò che siamo nel nostro habitat quotidiano.