Lutto e separazione: perché ce la prendiamo con Dio? Del cercare un colpevole nel caos. 

Pensiamo poco a Dio, almeno finché tutto va bene. Quando le cose vanno male, invece, Dio è in cima ai nostri pensieri. In quei casi la divinità, quale crediamo che sia, diventa il grande macchinatore, l’orditore delle trame, il dispensatore di prove.

Lutto, separazione, sofferenza

Pensiamo al lutto, o alla separazione, per esempio. Oppure alle calamità naturali: in questi casi immediatamente ci arrabbiamo con Dio. ‘Mi avrà voluto dare una lezione’ pensiamo. Oppure ‘Ecco, ce l’ha con me!’ Di contro quando uno ha una promozione al lavoro, o la sua vita ha una svolta positiva, difficilmente imputa la responsabilità a Dio. Pertanto attribuiamo a noi stessi i successi, mentre poniamo fuori da noi le colpe dei fallimenti. 

Nella difficoltà o nella sventura cerchiamo un colpevole perché ci serve un capro espiatorio. Ma se non possiamo trovare un senso a quello che ci capita, siamo portati a vedere un disegno negativo piuttosto che il trionfo del caos. Preferiamo pensare di essere invisi a qualcuno, piuttosto che accettare che non ci pensa nessuno.

Questo atteggiamento, ammetterete, è piuttosto egocentrico: potremmo parlare di una forma di narcisismo.

Un incredibile bisogno di credere

C’è un altro punto: ce la prendiamo con Dio, ma ci sarebbero ‘Altri’ che potremmo chiamare in causa. Esiste il Fato, la Storia, la Natura, ma nessuno li incolpa, tutti se la prendono con Dio. Per quale motivo?

Il mio mestiere non è quello della guida religiosa, ma dello psicoterapeuta: le mie indagini si rivolgono agli aspetti ‘psi’ del nostro comportamento. E dal mio punto di vista questo discorso è piuttosto interessante. Credo che dentro la nostra mente qualcosa sia strutturato in maniera (mono/poli)-teistica, ovvero siamo portati (per natura? Per cultura?) a puntare lo sguardo verso la divinità. Soprattutto nei momenti difficili abbiamo la propensione a sollevare gli occhi al cielo: ossia abbiamo un incredibile bisogno di credere, per usare le parole di Julia Kristeva

Questo elemento potrebbe oltretutto gettare un ponte tra le religioni e le psicologie, due ambiti che storicamente sono stati piuttosto lontani. 

Ma questo è tutto un altro discorso, e sarà bene affrontarlo un’altra volta.