Prima di Tik Tok, al mare, socializzavi in presenza. C’era il pallone, mi ricordo: le partite in spiaggia, i tuffi e le maledizioni del vicino. ‘Io ve lo buco, sto pallone!’ E poi c’era il calcio-balilla o biliardino, o calcetto, ma impropriamente.

Il pallone era edonismo machista: i bravi prendevano la scena, gli altri più che altro guardavano.

Il calcio-balilla invece era la mostra delle personalità. Ognuno era se stesso, non potevi mentire. Il furbo provava a imbrogliare, il fuoriclasse si dava delle arie, il timido si nascondeva, l’arrogante cercava scuse. Al biliardino sentivi urla e risa, scommesse e sfottò, appuntamenti alla prossima e poi, soprattutto, la migliore: ‘Ragazzi devo andare, chi fa questo vince!’

E poi, intorno al calcio-balilla, c’erano le ragazze. Neppure loro potevano mentire. Ognuna infatti rideva più forte quando giocava il suo preferito. Così il furbo, il fuoriclasse, il timido, l’arrogante, magicamente uniti (contro natura) davanti al calcetto, sapevano dagli sguardi intorno a quel rettangolo quale mano avrebbero sfiorato più tardi, tra le onde.

Ora, io non so che cosa possa accomunare il calcio-balilla al videopoker: non vedo compulsione, in questo gioco, e non vedo dissociazione. Quelle risa a mio parere non sono un modo per saltare in un’altra realtà. Né ricordo gente che ci ha dilapidato capitali.

Prima di Tik Tok, al mare, socializzavi in presenza. E in stampatello. Non osi l’uomo dividere ciò che il calcio-balilla ha unito.