La paura del corpo e le relazioni a distanza
Stiamo diventando sempre più bravi nelle relazioni a distanza, e sempre più fobici nel rapportarci agli gli altri in presenza. A ben guardare questa potrebbe essere una conseguenza della pandemia, in cui ciò che inizialmente era innaturale, ossia fare cose con gli altri senza averli vicini, era diventata, per necessità, una prassi.
Paura del corpo
La tendenza a considerare “invadenti” le persone che ci stanno vicine, e ad evitare comportamenti di eccessiva prossimità come il contatto fisico, l’uso di diminutivi, gli atteggiamenti erotizzati, ci parla di una paura per il corpo e di ciò che evoca. Non sto ovviamente parlando degli abusi, che per quanto il legislatore fatichi a definire in termini giuridici, hanno connotati psichici molto chiari, sia nella vittima, sia in chi li attua.
Sto parlando del corpo nelle relazioni, in tutte le relazioni, non solo quelle affettive. Quando saliamo sulla metropolitana, quando prendiamo il sole in spiaggia, quando viaggiamo con amici, ma anche all’assemblea di condominio, o nello spogliatoio della palestra, o in discoteca, abbiamo con noi un corpo che non possiamo eliminare.
La cosa, per quanto scontata, è paradossale, perché sui social network, su cui passiamo molto tempo, e su cui incontriamo molte persone, il nostro corpo non c’è.
Il passaggio dal mondo virtuale a quello fisico, il meatspace, porta evidentemente delle turbolenze.
Un’altra adolescenza
Abbiamo un corpo, quindi, che non possiamo eliminare. È un bel problema, perché sui social network ci stiamo abituando ad una sostanziale assenza del corpo. Pubblichiamo e commentiamo storie, inviamo note vocali, video, immagini: tutto senza fisicità. La ricomparsa del corpo ci spaventa, perché il corpo ha le sue regole, i suoi funzionamenti, se vogliamo le sue esigenze, e ciò che può essere negato, nascosto, o semplicemente taciuto, a distanza, non può esserlo in presenza.
La variabile “corpo” nel meatspace, in qualche modo, ci richiama alla memoria l’adolescenza, quando per la prima volta abbiamo scoperto che tra noi e gli altri c’era il corpo. Il nostro, anzitutto, ma anche il loro. Come abbiamo superato quella fase? Quali strascichi, conseguenze, questioni irrisolte, ha lasciato alle spalle?
Tra le conseguenze della pandemia c’è la riscoperta delle relazioni “in presenza”, con il carico di angosce che possono elicitare. Confondere la “prossimità” degli altri con l’“invadenza” nasconde, secondo me, una paura per il corpo e le sue peculiarità che ricordano molto da vicino l’adolescenza. È forse quello il vero buco nero della vita che vorremmo superare, dimenticare, cancellare dalla nostra memoria?