Come maneggiare l’Intelligenza Artificiale?

L’Intelligenza Artificiale non stira le camicie (per ora). Elon Musk, in verità, ha già messo in commercio un robot umanoide che fa i lavori di casa, una specie di Caterina, l’assistente che Rossano Brazzi consigliava ad Alberto Sordi, in un vecchio film nostrano. Pare, tuttavia, che, per fortuna, il robot di Musk sia ancora un po’ lento, rigido, nonché alle prime armi. In ogni caso ci andrà del tempo, e, per semplificare, diciamo, appunto, che l’Intelligenza Artificiale non stira le camicie. Per tutto il resto, invece, dobbiamo farcene una ragione. Dallo shopping al marketing, dalla sanità all’istruzione, dalla finanza al giornalismo, quest’ultimo sviluppo dell’informatica pare in grado di soppiantare qualunque attività umana, specie le più evolute intellettivamente. In Albania è apparsa, addirittura, per fare un esempio, una ministra del governo interamente digitale. 

Aristotele, Cartesio, Musk

Dobbiamo, a questo punto, trovare una chiave di lettura, una strategia, in grado di farci interagire serenamente con tutta questa tecnologia. Per cominciare direi che, anche in questo caso, vale il discorso già fatto in precedenza per la cultura di coppia, o per il rapporto con l’arte: le categorie umanistiche a cui siamo abituati devono essere riviste, rivisitate, perché non sono più adeguate al mondo in cui ci muoviamo. Questo se non vogliamo trovarci, un bel giorno, ad un tavolo dove tutti giocano a Poker, ma in cui conosciamo solo le regole della Scopa. 

Quando nel Seicento la scienza aristotelica, contemplativa, crollò, aprendo la strada al metodo scientifico sperimentale, che utilizziamo ancora oggi, non fu soltanto merito di Cartesio, Newton e Galileo. Questi ebbero la capacità di condensare, in semplici assiomi, un clima culturale che andava maturando ovunque già da un po’. La meccanica, ad esempio, si stava sviluppando a grande velocità, e quindi anche il rapporto che i tecnici avevano con quei nuovi aggeggi favoriva il nuovo clima culturale. L’Intelligenza Artificiale, oggi, è un dato di fatto, e con il passare del tempo non è immaginabile che il suo utilizzo possa regredire. Occorre quindi guardarla da vicino, e capire come maneggiarla, senza esserne manipolati. 

Coscienza/incoscienza

Alcuni aspetti da cui possiamo partire sono quelli della dicotomia coscienza/incoscienza e dal concetto di intenzionalità. Quando la psicoanalisi ha fatto la sua comparsa a inizio Novecento, l’elemento che più ha scosso la comunità scientifica è stata la scoperta dell’inconscio. Per i positivisti del tempo, infatti, pensare che ci fosse qualcosa dentro di noi, di cui ci sfuggisse il controllo, era decisamente inquietante. Ognuno di noi possiede una coscienza critica. Si tratta di una consapevolezza di sé, ma anche una cognizione dei propri processi mentali. E difatti ognuno di noi ha anche una certa quantità di pensieri inconsci, non direttamente accessibili, ma comunque recuperabili. Lo stesso, ma solo in parte, possiamo dire per gli animali. Noi non sappiamo se un cane, per esempio, o un gatto, abbiano una coscienza di sé, ossia se sappiano di essere cane, o gatto, né se siano consapevoli di avere dei diritti, se credano nella democrazia, o cose di questo tipo. Tuttavia siamo abbastanza certi che abbiano dei processi mentali, e che probabilmente abbiano anche una forma di inconscio. A tutti, ad esempio, è capitato di vedere cani o gatti spaventarsi quando prendiamo una scopa, anche se non abbiamo mai fatto loro del male. Ciò significa che, in seguito a qualche evento spiacevole, hanno registrato lo stimolo scopa come un pericolo alla loro incolumità. 

Ora, tutta questa discussione sulla coscienza di sé, e sulla presenza di pensieri inconsci, non si può trasferire sull’IA. Per quanto possa sembrare, l’Intelligenza Artificiale non sa cosa stia facendo, anche se ci risponde con cortesia, o mostrando soddisfazione per ciò che ci restituisce. Questo si può evincere dal tipo di errori che commette, quando, poniamo, scrive un testo sotto comando, fa un disegno, o compone una melodia. Notiamo facilmente che non riesce a dare il senso che avremmo voluto, o il contenuto emotivo, e questo proprio perché, in realtà, non ha una coscienza di sé, né un’esperienza passata cui attingere, né una componente inconscia. 

Intenzionalità

Il discorso sulla consapevolezza ci accompagna ad un’altra riflessione, stavolta relativa all’intenzionalità. Nel film 2001: Odissea nello spazio, di Stanley Kubrick, il computer di bordo dell’astronave Discovery, il famigerato Hal 9000, è il prototipo di Intelligenza Artificiale dotato di intenzionalità. Esso tesse le trame di ciò che succede durante il viaggio, comprese le dinamiche tra gli astronauti, arrivando a mettere a repentaglio la sicurezza dell’equipaggio, nonché la sua. Ora, questa intenzionalità manca del tutto nell’attuale Intelligenza Artificiale, e dobbiamo assolutamente tenerne conto. Questo perché l’elaborazione dei dati è un processo fine a se stesso se manca una logica di utilizzo, di questi dati. E l’IA non può averla, a meno che non gliel’abbia fornita qualcuno in precedenza. 

Ecco dunque che una strategia per prendere le distanze dall’Intelligenza Artificiale generativa, o per maneggiarla, se vogliamo, può essere quella di valutare la presenza o meno di coscienza, o di intenzione. Se queste dovessero effettivamente apparirci presenti, potremmo pensare di essere all’interno di una relazione, in cui dall’altra parte non c’è la macchina, ma chi l’ha progettata.