Disturbi alimentari

Parlando di buchi nello stomaco, e più precisamente di vuoti affettivi, non possiamo non accennare ai disturbi alimentari. Il disordine della condotta alimentare è uno dei più diffusi (e infatti non tutti sono patologici) ma anche uno dei più dileggiati. Soprattutto se riguarda persone famose, attrici, cantanti, o anche un’amica particolarmente brava a scuola o nel lavoro.

Io preferisco parlare di ‘condotta alimentare’ piuttosto che di disturbo, perché alcuni comportamenti di controllo del piano alimentare non sono necessariamente patologici: chi di noi non si è messo un po’ a dieta prima della prova costume? E chi non ha fatto il ‘pieno’ di dolci o di carboidrati quando sapeva che ne sarebbe rimasto senza per un po’?

Anche la condotta alimentare, come le altre modalità stabili di comportamento, si situa su un continuum. Ad un lato del continuum si trova l’alimentazione per così dire accettabile, magari con una smorfia, anche dai nutrizionisti. Parlo della spaghettata dopo il bagno di mezzanotte, del secondo bombolone al rientro dalla discoteca, del rinforzo sulla pizza quattro stagioni. Ciascuno faccia gli esempi che meglio corrispondono alla propria vita. Il punto che interessa è la dinamica che si instaura con il cibo. Quel mix di amore/odio in un’atmosfera di controllo da un lato, quella ricerca di abbraccio degli zuccheri dall’altro, con la coda di sensi di colpa e odio per sé che in genere se consegue.

Inutile dire come le condotte alimentari, così fortemente osteggiate in famiglia, siano fonte di accusa e ostracismo anche nel gruppo dei pari. Abbiamo già detto altre volte della superiorità intellettuale del soggetto che sviluppa un disturbo alimentare. Non è raro, per meglio dire, che il disturbo alimentare sia una persona di successo, almeno nel gruppo di appartenenza. Per questo dietro un’aura di commiserazione talvolta si cela una vera e propria ostilità, direi un biasimo che le altre problematiche non portano. Il soggetto viene fortemente accusato, magari alle spalle, dal suo gruppo di appartenenza, che lo isola, ne prende le distanza, e nei casi peggiori arriva a distruggerne la reputazione. Personalmente ricordo un articolo di giornale che raccontava il suicidio di una ragazza con un problema alimentare: i coetanei, intervistati dal giornalista, bollavano l’amica come una persona debole, senza spina dorsale, e che rifiutava persino il cibo che i genitori le davano.

All’intelletto umano, le cause dei fenomeni sono inaccessibili nella loro totalità. Ma il bisogno di ricercare le cause è insito nell’anima dell’uomo. E l’intelletto umano non riuscendo a entrare nell’infinità e complessità delle condizioni dei fenomeni, si aggrappa al primo e più accessibile punto di riferimento e dice: ecco la causa.
Lev Tolstoj