Il leader globale: un esempio
Mi ha sorpreso la grande capacità di leadership di Bergoglio alla GMG di Lisbona. Vorrei quindi soffermarmici un attimo, perché al nostro tempo i leader globali sono davvero pochi, e quando mi chiedono di spiegare cosa intendo per leader trasformazionale sono sempre a corto di esempi.
Partiamo anzitutto da una considerazione: definendo alcuni temi generali Bergoglio ha uno sguardo globale. Al tempo del web è una rarità, e già questo è paradossale. Quando apriamo un social network, algoritmo permettendo, vediamo post pubblicati in ogni parte del mondo. Quindi, se ci muoviamo in un ambiente globale, se abbiamo stimoli globali, per quale motivo, per risolvere i problemi, dovremmo usare logiche locali? I leader politici (attualmente) non ragionano in termini globali, perché il bacino di utenza a cui si rivolgono è locale. Molti manager hanno lo stesso problema, perché il mercato dei loro prodotti è diverso dal territorio in cui vengono realizzati, e questo determina l’impossibilità di ragionare “global”.
Il leader globale, invece, parte dalla complessità e la riduce a pochi punti essenziali. Ad esempio Bergoglio cita la pace, le migrazioni, l’ambiente. Non voglio mettere il fuoco sui temi, perché non sta a me commentare le posizioni della sua Organizzazione, ma vorrei evidenziare le modalità. Egli non ragiona da leader locale, ma prende in considerazione l’insieme dei problemi, e li riduce ad alcune macro categorie. (Con cui si potrebbe concordare o meno).
Infine, terzo obiettivo del leader globale, la trasformazione. Il leader trasformazionale sa che un follower non può possedere tutte le competenze richieste, ma che le può acquisire. Così vediamo incaricati con una storia specifica alle spalle, modificare, incanalare, la loro storia, nel tentativo di acquisire competenze che non possiedono direttamente. L’obiettivo è quello di perseguire obiettivi apparentemente nuovi nella storia culturale dell’Organizzazione, che però sono nel solco della sua tradizione.
Nel mondo delle aziende vediamo molti leader che, nel tentativo di mantenere lo status quo nella loro azienda, ignorano le grandi possibilità di crescita dei loro collaboratori, capacità che se sviluppate potrebbero tornare molto utili al bene complessivo dell’Organizzazione.
Ecco così delineata, a grandi linee, la differenza tra la leadership tradizionale, conservativa, clientelare, quasi scontata, e la leadership trasformazionale, multifattoriale, innovativa, sostanzialmente visionaria.