Jannik Sinner: la cultura della fatica.
Il training psicologico nello sport riguarda competenze che, come le abilità tecniche, possono essere potenziate. Il caso Jannik Sinner, giovane orgoglio del tennis italiano, mette in evidenza una capacità sottostimata, nello sport professionistico: la resilienza alla fatica e al sacrificio.
Competenze allenabili, e non allenabili
Nello sport si contano almeno tre categorie di aspetti mentali. Quelli donati dalla natura, come la capacità di gestire lo stress di gara, o la concentrazione. Quelli condizionati dall’inconscio, o da eventi del passato dell’atleta, come la paura di infortunarsi nei contrasti, la fiducia in sé stessi, o la tendenza a serbare rancore. E poi vi sono gli aspetti più dipendenti dalla volontà, o quantomeno dalla motivazione interna, come seguire una dieta alimentare, avere una vita regolare, ecc… . L’attitudine al sacrificio, al lavoro duro, e più in generale la resilienza alla fatica, appartengono al terzo tipo.
Ciascuna di queste tre categorie prevede percorsi diversi di preparazione mentale, ma quella che abbiamo citata per ultima risulta la meno “allenabile”, almeno per gli atleti maturi. Essa è infatti più legata alla personalità dell’individuo, alle sue disposizioni interiori. Diego Maradona, in Italia, amava molto frequentare gli amici, mentre Cristiano Ronaldo faceva una vita ritirata, mettendo al primo posto il suo lavoro. E potrei fare altri esempi. Gli sportivi affermati hanno già strutturato una loro modalità di integrare vita privata e attività agonistica, ma gli emergenti possono fare ancora molto per aggiungere questo aspetto nel loro bagaglio professionale.
La cultura della fatica è un asset strategico dell’atleta
Jannik Sinner ci mostra che la resilienza alla fatica e al sacrificio non è una competenza secondaria. La motivazione interiore, diremmo intrinseca, nell’affrontare qualunque attività della vita, ma soprattutto nello sport professionistico, codifica per una maggiore tendenza al costante miglioramento, o al mantenimento dei livelli raggiunti.
Esistono diversi espedienti per migliorare la motivazione intrinseca, uno di questi è fare leva sull’orgoglio, un altro sugli obiettivi personali, e così via. La cosa importante è che il giovane atleta, il suo staff tecnico, e tutte le persone che lo circondano, non sottovalutino la portata di questo che è a tutti gli effetti un asset della sua vita professionale.
La cultura della fatica, in altre parole, non è un valore da proporre soltanto agli atleti meno dotati, quelli che devono sopperire con il duro lavoro alle lacune tecniche, ma può fare la fortuna anche dei più bravi. E la parabola di Jannik Sinner lo testimonia chiaramente.