La madre che incombe sul bambino, limita la sua libertà, sceglie i suoi amici e si suoi svaghi. Danièle Brun la chiamava Mère Majuscule (aveva letto Freud), John Lennon la definiva Mother Superior, (ce l’aveva in casa). Al di là delle sfumature (più idealizzata quella dell’ex Beatles), questi termini esprimono tutti una relazione – asimmetrica – e un destino. Il grado di autonomia di un bambino con una madre maiuscola, o, peggio, con una badessa superiora, non è solo limitato nello spazio, ma anche nella definizione della propria traiettoria di crescita.
“She won’t let you fly, but she might let you sing…”
La madre presente, al punto da costituire un ostacolo per la crescita del bambino, appare un paradosso nell’epoca dell’indipendenza individualista. Tuttavia, in alcune occasioni, la madre è legata da un doppio filo al figlio. Teme di esserne abbandonata, o che egli cresca al di fuori dei suoi canoni di riferimento. Può essere che la madre abbia dentro un vuoto, che in qualche modo il figlio riempie, almeno parzialmente. Un vuoto esistenziale, ad esempio vede in lui qualcuno che vedrà un futuro che lei ha sempre sentito nebuloso o minaccioso. Oppure un vuoto relazionale, ossia la madre ha dubbi sull’uomo che ha accanto, il padre del bambino, che può essere un violento, oppure un uomo senza direzione, oppure ancora che non sente di amare fino in fondo.
Le madri maiuscole tengono il bambino nel raggio di azione del loro sguardo, ed egli impara a muoversi, per quieto vivere, all’interno di questa zona di consenso. Ma inevitabilmente, il bisogno di legare a sé il figlio, porta la madre ad attuare atteggiamenti che esprimono (o negano) il permesso di allontanarsi, anche da qualcosa di altro. È quell’uomo ideale che loro hanno in mente, ma che il padre del bambino non è riuscito ad essere. Così, la delusione per una vita di coppia insoddisfacente, entra nel rapporto con il figlio, che diventa, agli occhi della donna, l’uomo che il marito non è stato.
Il figlio non percepisce queste cose, che il più delle volte restano sotto traccia, mai razionalizzate, né tanto meno verbalizzate, ma le sente attraverso l’approvazione dello sguardo materno. Un madre maiuscola è tale se ha vicino qualcosa di minuscolo, e questi è il figlio, che, per ricevere l’approvazione, si conforma alle aspettative.
“…Mother should I build a wall?”
Se il bisogno di conformarsi all’idea materna è più forte di ogni spinta indipendentista, il figlio è purtroppo in grado di rinunciare ai propri progetti di vita. Quando la delusione della madre risale al rapporto di coppia, il bambino può sviluppare una specie di intelligenza relazionale, e nel tentativo di non dare anche lui una delusione alla donna che lo accudisce, può trasformarsi nel “bravo bambino”.
A questo punto incorre in due pericoli, altrettanto insidiosi. Può sviluppare un falso sé, una maschera, e continuare a mostrare pubblicamente l’immagine gradita alla madre maiuscola, mentre segretamente vive la sua vita. Oppure può tagliare ogni legame con la propria storia, e accettare il destino impostogli. In entrambi i casi non sarà un ragazzo felice. Ma questo, ha una qualche importanza?