La psicosi da algoritmo
Si deve a Fabio Mellano, psicologo clinico e neuropsicologo, l’introduzione del concetto di psicosi da algoritmo. Egli definisce in questo modo la condizione di quei pazienti con deliri di riferimento, che trovano nei social network delle conferme alle loro convinzioni patologiche. Il concetto psicosi da algoritmo, però, può essere esteso a gran parte della nostra attività social.
Delirio di riferimento e algoritmo
Il delirio di riferimento è la condizione in cui una persona ritiene che un evento comune, il testo di una canzone, la pagina di un quotidiano ecc, contengano dei riferimenti diretti a lei. Il funzionamento dei social network, come vediamo tutti i giorni, si presta in maniera elettiva a questa distorsione percettiva, e ciò grazie al funzionamento dell’algoritmo.
Un social network pubblica ogni giorno miliardi di post. L’algoritmo è quel meccanismo che ci consente, una volta entrati in bacheca, di visualizzare soltanto i post che ci interessano maggiormente. Va da sé che, chi soffre di un disturbo psicotico, è particolarmente esposto a fraintendere la logica di tale funzionamento.
Nel caso rilevato dal dott. Mellano, un paziente con delirio di riferimento si era invaghito dell’attrice americana Jenna Ortega. L’ossessione per questa artista, aveva portato il ragazzo a visualizzarne in maniera compulsiva immagini e video sui social network. Il risultato era stato un delirio di riferimento, disturbo di cui, però, il giovane, non aveva mai sofferto in precedenza. L’algoritmo, infatti, aveva determinato un’esclusiva presenza dell’attrice tra i contenuti, fino al punto in cui il paziente aveva perso il contatto con la realtà. Nella fattispecie egli aveva cominciato a ritenere che, con la sua presenza, Jenna Ortega volesse comunicargli alcune cose, tra cui ad esempio il suo amore per lui, oppure dargli delle indicazioni pratiche per la sua vita quotidiana.
Fabio Mellano diede, per l’appunto, all’insorgenza di questo disturbo, il nome di psicosi da algoritmo.
Il senso del luogo
Grazie all’algoritmo, dunque, lo spazio virtuale è un contesto cucito ad hoc su di noi. La principale conseguenza è che talvolta nel social network siamo più a nostro agio che nel mondo reale.
Quando entriamo in rete, infatti, immediatamente veniamo riconosciuti, e in qualche modo il mondo si apre al nostro passaggio. Molte persone, di questi tempi, tendono a innervosirsi quando guidano nel traffico, o quando entrano in banca, o al supermercato, anche perché nessuno li riconosce, nessuno li lascia passare. Questo è certamente idiosincratico e in qualche modo spiazzante rispetto alla realtà quotidiana del web, che al contrario quando ci vede arrivare, ci abbraccia, ci capisce al volo.
Il narcisismo, se vogliamo, funziona proprio in questo modo: il narcisista non sa di essere adulato, ma si accorge quando non lo è. Così nel corso della nostra giornata passiamo più volte dal cyberspazio, fatto a nostra guisa grazie all’algoritmo, al mondo reale, in cui dobbiamo fare la coda, chiedere per favore, ecc… . Di conseguenza, non stupisce se da un lato la realtà quotidiana ci irrita, ci delude, ci deprime, mentre e dall’altro il narcisismo è condizione sempre più diffusa.
In breve, credo si possa estendere il concetto di psicosi da algoritmo coniato da Mellano, per dire che gran parte della nostra attività sui social network, in quanto determinata (segretamente) da tale funzionamento, sia caratterizzata da una forma di dissociazione e di distacco (per quanto assai transitorio) dalla realtà. In qualche modo tutta la mole di pensieri, riflessioni, convinzioni, maturati, o suscitati, dal web, e in particolare dai social network, potrebbe andare sotto la definizione di “psicosi da algoritmo”. Cosa da tenere in gran conto, quando si utilizzano i social per farsi opinioni o prendere decisioni.