Potere. Una storia di uffici e di ricatti.
Emanuele entrò in sala riunioni con il tablet in mano e il nodo alla cravatta stretto un po’ troppo. Era il più giovane tra i presenti, e l’aria densa di discorsi sottintesi lo mise a disagio. Sabrina sedeva a capotavola, la schiena dritta, lo sguardo che sembrava misurare ogni cosa.
“Accomodati, ingegnere”. La sua voce era fredda, tagliente. Ma aveva un sorriso malizioso, di quelli che ti fanno chiedere se sei stato scelto o se sei solo stato preso di mira. Emanuele sedette alla sua destra, nel posto che la direttrice aveva tenuto libero per lui. Poi lei iniziò a parlare, snocciolando numeri e strategie. Aveva la sicurezza di chi sa che nessuno oserà metterla in discussione. Ogni tanto il suo sguardo tornava su di lui, indugiava, lo scrutava con un misto di sfida e compiacimento. E apriva nuovamente quel sorriso malizioso.
Quando la riunione finì, tutti uscirono rapidamente. Lui fece per seguirli, ma la voce di Sabrina lo fermò:
“Emanuele, resta un attimo, per favore. Devo parlarti di una cosa”.
Il giovane ingegnere si girò, cercando di mantenere un’espressione neutra. Lei si alzò, chiuse la porta con calma, si avvicinò.
“Ti trovi bene qui, Emanuele?”
Lui annuì. “Certo, direttrice”.
“Bene.” La voce fredda divenne improvvisamente mielosa. Poi fece qualche altro passo in avanti. Ora il ragazzo poteva sentire il profumo costoso della donna. “Vedi Emanuele”, ancora quel sorriso malizioso, “Voglio essere sicura, come dire?” Con la mano sfiorò la sua cravatta. “Che tu sappia come funzionano le cose in questo ufficio.”
Emanuele si irrigidì. Aveva capito benissimo. Il tono, la vicinanza, il profumo: era tutto chiaro, chiarissimo. Avrebbe potuto dire qualcosa, o arretrare. Ma il potere era tutto in quel momento, in quell’ufficio chiuso. Quella di Sabrina non era una domanda, ma l’affermazione di dominio su un territorio.
“Certo, direttrice”. Le parole uscirono dalla sua bocca in maniera meccanica.
Quella sera, mentre tornava a casa, Emanuele ripensò a quel momento. Al gelo che gli era corso lungo la schiena, al sorriso di Sabrina: uno di quei sorrisi che non si dimenticano.