Cancro del seno: il femminile e la sua immagine
Il femminile vilipeso
Il tumore del seno colpisce nel corpo e nella femminilità. Il tipo di imbarazzo che la donna vive nel suo rapporto con l’altro (altra) in seguito a questo tipo di malattia va ben oltre la menomazione fisica. Entra nel profondo del suo femminile, ha a che fare con la sua Femminilità.
L’offesa del seno può diventare vilipendio all’intero essere donna: per questo non basta che la paziente sia preparata o sostenuta, è tutto il mondo che le gira intorno che deve essere pronto, che deve sapere come reagire.
L’immagine del femminile
Sappiamo che la costruzione del femminile è un processo evolutivo/individuativo che comincia ben prima dell’adolescenza, e termina (se mai termina) con l’età adulta.
L’immagine che la donna si costruisce di sé è una difficile sintesi tra i rimandi avuti dalla famiglia di origine, i condizionamenti della società, le lotte di potere/consenso nel gruppo delle pari in adolescenza, le restituzioni avute nelle relazioni affettive e infine il negoziato che lei stessa è riuscita a compiere tra il suo sé ideale e il suo sé reale. Il cancro al seno può scardinare questo impianto. Abbatte l’immagine del femminile e la sostituisce con quella del peggiore degli incubi: sono brutta, non piaccio, non piaccio anzitutto a me stessa.
Lo sguardo dell’altro
E poi arriva l’Altro. In genere siamo troppo abituati a non guardare le ferite, a distoglierne lo sguardo. Abbiamo la tendenza a evitare che il nostro occhio si fermi su ciò che è lacerato, lesionato, soprattutto se sappiamo ancora dolente.
Vale anche per le ferite psichiche. Cerchiamo di non parlarne, facciamo finta di niente. Ma così facendo peggioriamo le cose: perché ignorare una ferita non equivale a rimuoverla. Anzi continua a far soffrire, forse ancora di più.
Così la donna ferita dal cancro al seno ha di fronte a sé qualcuno che fa finta di niente, che sorvola, che non commenta. Ed ella vede crollare anche un’altra immagine: quella che le arriva dagli occhi altrui. Perché lo sguardo dell’altro può ferire più della propria stessa coscienza. Il peggiore degli incubi si arricchisce così di una prova ulteriore: non piaccio a chi mi ama.
Ecco allora quale può essere il ruolo dell’Altro, ciò su cui deve essere educato: la donna che ha sconfitto la malattia deve sentire di avere vinto. E chi le sta vicino deve sapere amare ognuna delle sue ferite: perché esse faranno parte integrante, d’ora in poi, della sua nuova immagine.