Sento sovente affermazioni lapidarie del tipo ‘Eastwood non sa recitare’, oppure ‘Andreotti è stato un politico mediocre’, oppure ancora ‘Venezia puzza’.
Sono sparate da discussioni semiserie davanti ad un caffè, d’accordo, ma tutte nascondono una tendenza comune: quella di racchiudere bene e male in compartimenti stagni di persone o cose. Se a queste affermazioni sostituissimo ‘Miss Italia quando corre traspira’, oppure ‘Pavarotti non era un granché alla chitarra’ o ancora ‘Nietzsche era completamente pazzo’, coglieremmo tutta la paradossale incompiutezza di cui sono costituite.
Considerare un oggetto come totalmente buono o totalmente cattivo, è una modalità difensiva che tutela i nostri ideali, ma non compatta le lacerazioni del nostro Sé; anzi le scava ulteriormente. Per questo è necessario fare uno sforzo di integrazione, per imparare a vedere che le persone e le cose a noi care (il nostro attore preferito, la nostra città natale, o i nostri genitori) non sono totalmente buone, cioè non corrispondono alla rappresentazione ideale che abbiamo di loro, ma hanno anche degli aspetti negativi, cioè hanno dei difetti. In altri termini diremmo che sono umani.
In questo modo affermare che Venezia sia una città meravigliosa non metterebbe in forse il nostro amore per il piccolo paese in cui siamo nati, così come accettare che Pavarotti abbia fatto una carriera eccezionale non significa che il nostro cantante preferito sia un buono a nulla, e via di questo passo.
Uno dei costi maggiori della crescita è scoprire come le cose, o le persone, che abbiamo idealizzato da bambini abbiano anche degli aspetti negativi.
Se sapremo farlo resistendo alla frustrazione, ameremo queste cose, e queste persone, ancora di più.
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