Come aiutare il paziente psichiatrico? Il contenimento generativo

Nel trattamento del paziente psichiatrico, in psicoterapia individuale, o in una struttura psichiatrica residenziale, si tende a fare un uso improprio del rimando di realtà. Questa è una delle ragioni per cui alcuni risultati vengono raggiunti in maniera parziale e momentanea, ossia perché il paziente trova il modo corretto di rispondere alle richieste, ma senza avere interiorizzato una nuova struttura di pensiero. 

Esame di realtà 

Rimandare costantemente dati di realtà al paziente psichiatrico è fuorviante e controproducente. La sua struttura mentale, (almeno in un primo momento), non è in grado di sostenerla, anzi possiamo dire che la sua sintomatologia è proprio una costruzione reattiva alle minacce che sente provenire dal mondo esterno. 

Poiché dal punto di vista emotivo il paziente è sensibile a chi si occupa di lui, può avvenire che nello sforzo di evitare l’abbandono da parte del curante egli cominci a mostrare dei miglioramenti. Tuttavia si nota che le reazioni del paziente ai rimandi di realtà continuano a essere di due categorie. Da un lato può offendersi perché si percepisce come  “preso in giro”, dall’altro si sente svilito in quanto “non capito”. 

La conseguenza è che al primo colpo di vento il castello di carte crolli in un istante. In questo caso alla frustrazione del paziente, che torna a farsi del male o a ripensare alla morte ecc… , si aggiunge la frustrazione dei curanti, talvolta affrontata con difese narcisistiche molto rigide, del tipo “con questi pazienti il lavoro è sempre inutile”, oppure “ecco i danni che fanno servizi territoriali inadeguati”, ecc… 

Contenimento

Il fallimento dell’integrazione degli sforzi terapeutici con la struttura interna del paziente riflette il fallimento di un’altra integrazione, quella con le prime cure parentali. Il paziente psichiatrico è molto spesso perseguitato dal fantasma del rigetto, come se avesse sentito da sempre intorno a sé un ambiente insufficientemente adeguato alle sue necessità. 

Molti pazienti hanno una storia di tentativi di adeguamento alle aspettative ambientali, tentativi sempre puntualmente naufragati, per le ragioni più diverse. Di conseguenza ne possiamo ricavare che l’esame di realtà non è in grado di aiutare i pazienti, se ad esso non si associa una forma di contenimento generativo. Ossia se non si aiuta il paziente a pensare il mondo in modo diverso da come ha sempre fatto.

Se l’ambiente originario ha rigettato il paziente in quanto bambino non desiderato, o non conforme alle aspettative, diventa proprio questo l’obiettivo del percorso di cura. 

Fornire una nuova esperienza emozionale e mentale, in grado di preparare (da capo) il paziente ad affrontare il mondo, a partire dalle sue dotazioni di base e dalle sue caratteristiche personolgiche. 

Questo è evidentemente un lavoro più lungo e travagliato di quello con pazienti il cui l’esame di realtà è integro, ed è giocoforza un lavoro fortemente esposto ad errori e regressioni. Ma è senza dubbio un approccio più maturo al trattamento di pazienti psichiatrici o a “doppia diagnosi”, ossia quei pazienti che fino a qualche anno fa non venivano neppure approcciati nella cura, perché ritenuti troppo gravi. 

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